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banche datiLa recente sentenza del TAR Trieste n. 523 del novembre 2015 ha suscitato vasta eco e numerose perplessità. Oggetto della statuizione dei giudici del Tribunale amministrativo regionale è stata la legittimità dell’accesso alle banche dati pubbliche (in particolare Inps e Inpdap) da parte di soggetti legati da mero rapporto di collaborazione volontaria con i Patronati, e quindi non facenti parte dell’organico della struttura di riferimento.

La vicenda trae origine dalla contestazione, cui ha fatto seguito il verbale di accertamento, operata dalla Direzione territoriale del lavoro di Trieste nei riguardi di un Patronato, al quale veniva opposta la liceità del trattamento posto in essere dai collaboratori volontari tramite l’accesso alle banche dati pubbliche. Respinta l’istanza di rettifica della contestazione e confermato conseguentemente il disconoscimento delle convenzioni con i predetti soggetti, il Patronato adiva il Tribunale amministrativo, sottolineando la necessità, insita nel ruolo stesso svolto dai volontari, di consentire agli stessi l’accesso ai sistemi informatici delle Pubbliche Amministrazioni ed evidenziando la sostanziale differenza sussistente con gli operatori del Patronato, intesi questi ultimi come unici responsabili delle pratiche elaborate.

Costituitosi in giudizio, il Ministero deduceva l’illegittima commistione di funzioni tra gli addetti del Patronato ed i volontari dello stesso, con conseguente illecito trattamento di dati. Respinte le questioni preliminari e procedurali, il TAR affrontava nel merito la questione.

In primo luogo sottolineando come fosse necessario distinguere i ruoli dell’operatore dell’Istituto di patronato, cui spetta firmare gli atti di quest’ultimo e che quindi ne diviene unico responsabile, e le attività del collaboratore, il quale può esclusivamente istruire, raccogliere e consegnare le pratiche, senza validare le stesse nell’ambito di un procedimento conclusivo. Tuttavia, anche attesa la predetta dicotomia, l’introduzione dei sistemi informatici nella realtà della pubblica amministrazione e degli organismi ausiliari, ha condotto il TAR a interpretare la normativa sui patronati ed in particolare l’art. 6 della L.152/2001 alla luce del mutato quadro normativo di riferimento: la natura stessa delle funzioni esercitate dai volontari, argomenta il Tribunale amministrativo, denota la necessaria attitudine e legittimazione degli stessi all’utilizzo delle banche dati pubbliche. Queste ultime potrebbero essere consultate ai fini dell’istruzione delle singole pratiche, fermo restando, in ogni caso, che la validazione finale e la conseguente responsabilità sarebbero esclusivamente configurabili in capo all’operatore del Patronato.

Infine il TAR sottolinea come eventuali e difformi indicazioni da parte dell’Ente stesso non abbiano alcuna efficacia, attesa la gerarchia delle fonti, all’interno della quale le predette regole avrebbero una valenza assolutamente recessiva rispetto alle norme di legge.

La pronuncia in esame ha suscitato, come anticipato, una vasta eco e numerose critiche, soprattutto in considerazione del mancato vaglio, da parte dei giudici, della normativa in materia di protezione dei dati personali, che imporrebbe precisi adempimenti per legittimare il trattamento da parte dei predetti volontari, adempimenti ed oneri resi ancor più incisivi dalla natura sensibile delle informazioni di cui si può venire a conoscenza accedendo alle banche dati pubbliche.