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fotografiaL'esposizione, ad esempio nell'ambito di una mostra, di fotografie ritraenti uno o più soggetti, risultando equivalente alla loro pubblicazione, concerne una pluralità di tematiche ed è pertanto affrontata in diversi segmenti dell'ordinamento giuridico.

Quanto al primo aspetto, quello degli aspetti normativi coinvolti, emerge con chiarezza il legame della fattispecie con la tutela dei diritti inviolabili della persona, dei dati personali e del diritto d'autore, nella species del diritto all'immagine.        

Quanto al secondo profilo, quello delle fonti del diritto, il riferimento va certamente in primo luogo alla Costituzione (la quale, per risalente giurisprudenza, include all'art.  2, tra i diritti inviolabili, anche il diritto all'immagine) ed al Codice Civile, il cui art. 10 sanziona l'abuso dell'immagine altrui con la cessazione della condotta e con il risarcimento del danno correlato.
Ma è soprattutto ad altre due leggi che bisogna guardare, per avere una panoramica corretta e completa della materia: precisamente, la Legge 633/1941 (Legge sul Diritto d'Autore) e il Decreto Legislativo 196/2003 (cd. Codice Privacy).        

La LDA disciplina la fattispecie al Titolo II, Capo VI, Sezione II, artt. 96-98, i quali racchiudono le disposizioni sui "Diritti relativi al ritratto"; il Codice Privacy, d'altra parte, ha reso più efficaci le tutele e i controlli posti in favore del soggetto ritratto nella fotografia, considerando l'esposizione o comunque la pubblicazione di quest'ultima un caso di trattamento di dati personali e applicando dunque a tale eventualità le garanzie di cui all'art. 7 del Codice stesso.
L'immagine, nella generalità dei casi e salvo ipotesi particolari (come ad esempio l'idoneità della fotografia a mostrare lo stato di salute di una persona), rientra secondo il D.Lgs. 196/2003 nella categoria dei dati comuni  e non di quelli sensibili: i primi prevedono, rispetto ai secondi, obblighi meno stringenti in capo al titolare del trattamento.   

Sulla natura e sull'entità di tali obblighi, la Legge sul Diritto d'Autore e il Codice Privacy concordano nel porre a fondamento della pubblicabilità di una foto ritraente una o più persone il “principio del consenso”: tanto l'art. 96 della LDA quanto l'art. 23 del D.Lgs.  196/2003 richiedono infatti, al fine del trattamento di un dato personale e dunque della “esposizione, riproduzione o messa in commercio” del ritratto di una persona, il consenso di quest’ultima. Consenso che, a norma dell'art. 23, deve risultare “espresso”, dunque non tacito o desumibile da fatti concludenti.        

La manifestazione di volontà, poi, presenta limiti di duplice natura: soggettiva ed oggettiva.      
Costituisce il primo la  circostanza per la quale il soggetto ritratto presta il proprio consenso non a vantaggio di chiunque, bensì esclusivamente di uno o più soggetti determinati.        
Rappresenta invece il limite oggettivo (o meglio, i limiti) quello relativo a tempo, luogo e finalità del consenso stesso.        

Rileva inoltre, nel delineare la questione, l'art. 97 della LDA, il quale al secondo comma stabilisce il divieto di esposizione quando l’immagine rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione o al decoro della persona ritratta (eventualità, questa, da valutare ovviamente con riferimento al caso concreto).   
Lo stesso art. 97, al primo comma, stabilisce invece i casi in cui il consenso del soggetto ritratto non risulta necessario: ciò accade quando la riproduzione dell'immagine sia giustificata da finalità scientifiche, didattiche o culturali. Tuttavia, tale disciplina è da considerare non più applicabile, in virtù delle disposizioni del Codice Privacy: quest'ultimo non annovera infatti le finalità suddette tra le esimenti dall'obbligo del consenso.
Anche in presenza di uno scopo didattico o scientifico sarà pertanto assolutamente necessario la positiva manifestazione di volontà del soggetto ritratto, al fine di poter esporre le fotografie, prestando oltretutto attenzione, da un lato, alle disposizioni del citato art. 97 in tema di pregiudizio per onore, reputazione e decoro della persona e, dall'altro, ai citati limiti soggettivi e oggettivi del consenso prestato.